RISERVA NATURALE DELLE VALLI CUPE

Una delle più importanti riserve calabresi, viste dall’occhio del geologo.

Da un punto di vista strettamente geologico, la Riserva Naturale delle Valli Cupe è ubicata nella Presila catanzarese, in corrispondenza del settore sud-orientale del Massiccio della Sila; quest’ultimo è delimitato a nord e ad ovest dalla valle del Fiume Crati, a sud dalla stretta di Catanzaro e infine a est dai bacini di Rossano, Cirò e Crotone.

Il massiccio della Sila è un importante elemento di quello che viene definito in letteratura “Arco Calabro Peloritano (ACP)”, il quale è stato interpretato come un frammento di catena alpina, sovrascorso sulla catena appenninico-maghrebide.

L’Arco Calabro Peloritano è stato differenziato in due distinti settori che vengono a contatto lungo un allineamento strutturale, poco a sud di Catanzaro, che da Capo Vaticano, attraverso la valle del Fiume Mesima, si estende fino a Soverato: il settore settentrionale e il settore meridionale dell’ACP.

Il settore settentrionale si estende dal lineamento tettonico di Sangineto fino all’allineamento Capo Vaticano-Soverato mentre il settore meridionale dell’ACP si sviluppa a sud dell’allineamento Capo Vaticano-Soverato fino al lineamento tettonico di Taormina e comprende quindi le Serre, l’Aspromonte ed i Monti Peloritani.

Fig.1: Collocazione dell’Arco Calabro-Peloritano all’interno del Sistema appenninico-maghrebide (Amodio-Morelli et Al., 1976 [1] ).

La matrice geologica che caratterizza la Riserva è contraddistinta da un basamento cristallino, composto da rocce magmatiche intrusive e metamorfiche (graniti, gneiss e scisti biotici); quest’ultimo è quasi sempre interessato da processi di alterazione chimico-fisica che ne indeboliscono la struttura fino a fargli assumere spesso la consistenza di un terreno sabbioso (noto a molti come “sabbione granitico”).

In corrispondenza delle formazioni sedimentarie, affioranti al di sopra del basamento cristallino e caratterizzate essenzialmente da conglomerati ed arenarie, si possono osservare importanti e suggestive forme di erosione, come per l’appunto i “canyon”.

Fig.2: Paragenesi mineralogica del granito.

 

Il termine inglese “Canyon” è sinonimo di “gola”, in termini geomorfologici, semplificando, si tratta di una stretta vallata dai versanti scoscesi e aspri, che si forma a seguito dell’azione erosiva esercitata dai fiumi nel corso del tempo.

Nell’area sono presenti numerosi corsi d’acqua di dimensione differente e con portata molto variabile in funzione della stagione e delle precipitazioni. Si hanno inoltre numerose piccole cascate.

In generale, una cascata si forma a seguito di repentini dislivelli che interessano il letto di fiumi e torrenti, in un contesto morfologico aspro e contraddistinto da pendenze importanti.

Da un punto di vista climatico, possiamo individuare due distinte fasce, suddivise dal fattore altimetrico: a quote superiori agli 800 m s.l.m., abbiamo sostanzialmente un clima di tipo temperato freddo, mentre a quote inferiori agli 800 m s.l.m., il clima assume caratteristiche marcatamente mediterranee.

A queste tipologie di clima, si accompagnano anche microclimi del tutto particolari, testimoniati, all’interno della riserva, dalla presenza di associazioni vegetali peculiari.

Dott. Geol. Matteo Montesani

 

[1] Amodio-Morelli L., Bonardi G., Colonna V., Dietrich D., Giunta G., Ippolito G., Liguori V.,Lorenzoni S., Paglionico A., Perrone V., Piccarreta G., Russo M., Scandone P., Zanettin-Lorenzoni E., Zuppetta A. «L’Arco Calabro Peloritano nell’Orogene Appenninico-Maghrebide.» Memorie della Società Geologica Italiana 17 (1976): 1-60.

Caratteri geologici del Bacino di Crotone

Il Bacino di Crotone

Il bacino di Crotone è ubicato nel settore nord orientale della Calabria, lungo il versante ionico ed è composto prevalentemente da rocce sedimentarie.

Può essere definito come un depocentro (zona di massima deposizione), riempito da sedimenti, che variano dall’ambiente continentale al marino profondo con un’età compresa tra il Serravalliano (c.a. 13 Milioni di anni fa) ed il Pleistocene (c.a. 2.5 Milioni di anni fa).

A livello geologico la zona è stata interpretata come una porzione di un ampio bacino denominato di “avanarco”, cioè un qualcosa che si è formato tra un originario arco magmatico, composto per l’appunto da vulcani ed un complesso di subduzione.

In parole povere si tratta di un’area della superficie terrestre formatasi per effetto della subsidenza, in cui si sono successivamente accumulati i sedimenti.

La subsidenza, infatti, essendo il motore di tutti i bacini sedimentari, vede la superficie topografica abbassarsi e sprofondare, rispetto alle zone circostanti, fornendo continuamente nuovo spazio per l’accumulo di altri sedimenti.

Fig.1: Schema geologico semplificato dell’Arco Calabro con la posizione del Bacino di Crotone (Massari et alii, 2002; Zecchin et alii, 2003)

 

Perché è importante il Bacino di Crotone?

Il Bacino di Crotone ha da sempre destato notevole interesse nella comunità scientifica per il grosso potenziale di geo-risorse sfruttabili; dagli idrocarburi gassosi dei Campi Luna ed Hera Lacinia a largo di Crotone, allo sfruttamento di salgemma con le miniere di Belvedere di Spinello e Zinga di Casabona fino ad arrivare alle miniere di zolfo di Strongoli.

È stato studiato in gran dettaglio sin dalla fine dell’800 da numerosi esperti del settore che hanno dato un contributo fondamentale per le conoscenze geologiche, tettoniche e stratigrafiche.

L’area del Bacino di Crotone è stata analizzata e investigata sia per scopi industriali, ai fini dello sfruttamento di idrocarburi e di salgemma, legato alla crisi di salinità del Messiniano[1], sia ai fini di previsione e prevenzione dei rischi naturali in quanto è presente un corpo evaporitico.

La presenza di risorse sfruttabili nell’offshore crotonese è proprio correlata al salgemma, il quale riesce a creare una condizione ideale e naturale per la formazione di idrocarburi.

————————-

[1] L’argomento relativo alla crisi di salinità del Messiniano verrà trattato con un grado di dettaglio maggiore nel corso dei prossimi articoli.

 

Attività Eni Agip nel Bacino di Crotone

Fin dal 1952 l’Agip, oggi Ente Nazionale degli Idrocarburi (Eni), ha svolto attività esplorative in Calabria per la ricerca di idrocarburi.

Un’attività che ha portato ad una più approfondita conoscenza della regione da un punto di vista di geo-risorse, Dalle analisi effettuate è stata evidenziata la presenza di idrocarburi allo stato gassoso (circa il 99% da metano) mentre dall’analisi stratigrafica invece, si è visto che provengono da tre principali “reservoir” (serbatoi) contenuti nella fase pre-evaporitica, cioè prima dello strato che contraddistingue le rocce evaporitiche del crotonese (salgemma, gessi) con la scoperta, quindi, degli attuali giacimenti Luna ed Hera Lacinia a largo di Crotone.

Proprio nella zona di Crotone sono stati realizzati i pozzi Hera Lacinia 1 (1975), che ha rinvenuto strati gassiferi e nell’anno seguente altri due pozzi i quali accertavano che la mineralizzazione si estendeva anche nell’antistante offshore.

A terra veniva, invece, realizzato il pozzo Vitravo 1 (1976) risultato però sterile.

 

Fig.2: Le piattaforme di Luna ed Hera Lacinia a largo di Crotone

 

Nell’offshore ionico, l’Eni ha attualmente in esercizio gli impianti di produzione relativi al giacimento gassifero “Luna”.

Si è deciso lo sfruttamento del giacimento per mezzo di 12 pozzi, che sono stati eseguiti da una piattaforma fissa offshore, ubicata al largo di Crotone, su un fondale con una profondità d’acqua di 70 m, distante 7 km dalla costa con una profondità verticale dei pozzi di 1900 m.

Il Bacino di Crotone è sede di accumuli di gas già scoperti nei giacimenti Luna, Hera Lacinia e Lavinia.

 

Dott. Mario Cimieri

 

Bibliografia

Agip S.p.a. (1977) – Nota sulla ricerca petrolifera e sulla coltivazione dei giacimenti di idrocarburi nell’Italia Meridionale.

Massari F., Rio D., Sgavetti M., Prosser G., D’Alessandro A., Asioli A., Capraro L., Fornaciari E., and Tateo F. (2002) –  Interplay between tectonics and glacio-eustasy: Pleistocene succession of the Crotone Basin, Calabria (Southern Italy). Geological Society of American Bulletin, v. 114, p. 1183-1209.

Zecchin M., Massari F, Mellere D. and Prosser G. (2003) – Architectural styles of prograding  wedges in a tectonically active setting, Crotone Basin, Southern Italy. Journal of Geological Society of London, v. 160, p. 863-880

Zecchin M., Praeg D., Ceramicola S., Muto F. (2015) – Onshore to offshore correlation of regional unconformities in the Plio-Pleistocene sedimentary succession of the Calabrian Arc (central Mediterranean). Earth Scienze Reviews v. 142, p. 60-78